I social network sono oramai entrati di prepotenza nelle nostre vite.
Appare impensabile non utilizzare i vari Facebook, Twitter, Instagram, LinkedIn e chi più ne ha più ne metta per conoscere e farsi conoscere.
La pagina home di Facebook contiene infinite informazioni sugli status degli altri e ci consente continuamente di osservare, senza farci vedere, le attività, gli aggiornamenti e in poche parole le azioni che i nostri "contatti" vogliono inserire nella odierna piazza digitale.
D'accordo, senza farci vedere è relativo perchè c'è sempre chi raccoglie dati in rete del nostro traffico per molteplici scopi ma quello che mi interessa sottolineare è che il nostro "amico" di bacheca può non accorgersi della nostra presenza ammesso che noi non vogliamo comunicarglielo con i vari commenti, mi piace e varie amenità che lo staff di Facebook e altre aziende negli anni stanno studiando e implementando.
Pare magicamente che le distanze siano radicalmente diminuite, ma di quali distanze parliamo?
La distanza nelle relazioni è mediata anche dalla fisicità e dalla corporeità ma è anche una percezione, una sensazione. Posso sentirmi distante con un amico che vive a New York ma sentirlo più vicino perchè leggo i suoi post ogni giorno. Posso sperimentare la possibilità di un contatto fatto di click, post, fotografie e commenti in tempo reale pur mantenendo una distanza fisica e spaziale.
La nuova era digitale permette di fare quello che l'uomo ha sempre fatto, esaltando come non mai prima d' ora la velocità e la rapidità di accesso e condivisione delle informazioni.
Quante volte vi è capitato di leggere sulla bacheca di FB informazioni, notizie e pensieri di un vostro "contatto" e poi incontrarlo nella vita offline, fuori dallo schermo, apparentemente come una persona che si è già raccontata attraverso la sua bacheca, che avete già seguito e "mipiaciato" diverse volte. Che effetto vi ha fatto incontrarlo e ascoltare i suoi racconti dal vivo?
E' innegabile che i social network consentono di potenziare le nostre capacità creative e narrative, abbiamo la possibilità di "raccontarcela" e raccontarci in molteplici modi, possiamo inventarci personaggi e spendere ore di tempo per spiegarci al meglio fra un commento e l'altro di una discussione.
E' come se potessimo entrare in una stanza e scegliere se rimane visibili o invisibili. Possiamo scegliere se farci vedere o meno a seconda di quello che vogliamo. La fisicità fatta di carne ed ossa si trasforma in nuove configurazioni nei pixel del monitor carichi di storia e di racconti.
Nel lavoro con i clienti dell'era digitale in psicoterapia i racconti delle esperienze e delle emozioni vissute nel cyberspazio e sulle bacheche dei social network prendono sempre più spazio. Gli sms e i post diventano i nuovi pretesti da cui partire per lavorare su di sé e allora anche le nuove tecnologie e i social network moltiplicano gli spazi di narrazione ed esperienza.
La consapevolezza di sé nell'era digitale passa anche attraverso la conoscenza del proprio modo di essere con le nuove tecnologie. E' interessante pertanto lavorare sulle discrepanze e differenze fra l'immagine che si vuole dare in rete, sui social e quella che è l'immagine percepita da se stessi. Di cosa mi accorgo se scorro il mio diario digitale? Che effetto mi fa rivedere fotografie condivise anni prima e i post del passato? Quali vorrei sostituire o aggiungere o modificare e in che modo? I social network diventano un'interfaccia con cui entrare in relazione con gli altri e uno strumento per rivedersi, riscoprirsi e ricontattarsi.
Se l'era del microblogging alla Twitter ci costringe ad esser sintetici, concisi ed efficaci riscoprire la lentezza e il piacere di raccontarsi, rivedersi ed incontrarsi può rappresentare per qualcuno un bisogno salutare e nutriente a cui dare ascolto.